Il Laboratorio
Lo scopo de Il Rifugio della Traccia
Quando si pensa ad una produzione grafica - disegnata o dipinta che sia - automaticamente siamo portati a chiederci il valore comunicativo che essa contiene. Questa logica comunicativa legata al disegno si ingigantisce ancora di più quando il prodotto grafico è quello di un bambino: l'adulto senza nessuna discrezione vuole capire, indagare, farsi spiegare - "Cos'è questo"? "Cosa hai disegnato"? -. Quando si elimina dal tracciare la finalità estetico-artistica e comunicativa, quel che emerge è un'altra manifestazione dell'essere umano ed è l'ESPRESSIONE DELLA MEMORIA CELLULARE, DI CIO' CHE IL NOSTRO CORPO REGISTRA DALLA SUA FORMAZIONE ORGANICA, DALLA VITA EMBRIONALE IN POI. E questo è davvero fantastico quasi a non sembrare vero!
La considerazione errata che si ha oggi dell'atto del tracciare (atto che un individuo ha da quando sà impugnare una matita e lascia un segno su un foglio) ostacola a tal punto l'innata capacità di esprimersi da far sentire tale traccia, in particolare quella infantile, inutile e rende la produzione grafica di importanza marginale.
I bambini dai due ai cinque anni vengono considerati incapaci di creare e di tracciare, e ciò viene considerato "normale perchè piccoli", e la loro traccia viene definita dai "grandi" uno scarbocchio. Quelli invece di età maggiore sono solitamente indirizzati ad una produzione grafica che è legata alla "copia dal vero", ad una traccia che deve essere giudicata:" ... il tetto della casa si disegna così...., il camino deve essere dritto e non obliquo, ma non hai visto i camini sopra le case come sono?" e da quì inizia una produzione grafica che non è più personale e non ci rendiamo conto (sicuramente pensando di aiutare il bambino "insegnandogli a disegnare") di ostacolare quella capacità creativa, che ha da sempre contraddistinto l'essere umano, sino a farla morire, creando in noi una traccia che mentre la si realizza rende insicuri sulle proprie capacità, una traccia uguale a milioni di altre tracce, una traccia artificiale.
La visione che si ha nell'atelier di tutto ciò è completamente diversa; in esso nasce la consapevolezza che le cose non stanno così.
Giocando con le forme e i colori si scoprirà, con il tempo e la regolarità, il piacere e la certezza di saper fare e poter riuscire. Se per qualche motivo nei primi anni di vita non siamo stati liberi di esprimere la nostra creatività perché condizionati dal giudizio dei "grandi", non saremo adulti pienamente realizzati.
L'atto del tracciare è innato in noi, è nella nostra memoria organica, e come tale non bisogna ostacolarlo (con giudizi, competizione, con indicazioni sul cosa tracciare o con l'interpretazione della traccia stessa) se lasciato libero ci permette di nutrirci di fiducia in sé stessi, di realizzazione personale, dà sicurezza perchè è un atto che sgorga senza inibizioni all'interno di un gruppo eterogeneo di individui: di ogni età ("bambini senza età" come li chiama Arno Stern fondatore geniale di tale esperienza), condizione sociale, etnia.
Il Rifugio della traccia si rivolge a tutti: adulti, bambini e ragazzi a partire dai quattro anni che intendano arricchirsi attraverso la pratica del gioco del dipingere in un luogo privilegiato. I partecipanti più "piccoli" nell'atelier sentono di possedere abilità al pari dei più "grandi" perché quello che producono non sono mai "scarabocchi", ma la Formulazione di un'espressione organica di enorme valenza formatrice. L'ambiente raccolto dell'atelier permette alle persone più timide di aprirsi e sentirsi a proprio agio. Il bambino lavorando all'atelier costruisce qualcosa, termina la seduta con una sensazione di completa soddisfazione perché è cosciente di aver fatto il massimo di cui è capace.
Paola Vidotto